RIZZICONI (REGGIO CALABRIA), 13 NOV – ‘Il piccolo Luigi che si e’ smarrito puo’ ritrovare il papa’ dietro la porta di Buffon’. Al campo di Rizziconi, erba sintetica e misure da calcetto, e’ una gran festa di paese con invitati speciali: gli azzurri di Cesare Prandelli. Fuori pero’ c’e’ un altro mondo. Quello che di questo terreno voleva fare una discarica per il malaffare e ora non accetta di lasciarlo al divertimento di giovani calciatori. Per questo Don Ciotti ha chiamato gli azzurri. Per gridare forte il suo messaggio, ‘un calcio a tutte le mafie’, e stavolta non e’ solo metafora. Fuori c’e’ la protesta di qualche padre della Piana di Gioia Tauro, dispiaciuto di non poter entrare e di lasciarsi sfuggire un autografo. Soprattutto c’e’ chi, all’ombra di un piccolo paese indifferente a tanto entusiasmo, ascolta l’eco di una domenica particolare e si prepara – assicura Don Ciotti – a rispondere gia’ da domani.

‘Oggi abbiamo allenato le nostre coscienze, i nostri valori’, dice orgoglioso Cesare Prandelli, rapido due mesi fa nell’accettare la richiesta di Libera e delle Acli: venite a inaugurare per la terza volta quel campetto sottratto alle ‘ndrine locali? Una toccata e fuga che ha acceso l’entusiasmo e soprattutto la speranza di mille persone; bambini in tricolore, i piccoli della scuola calcio dello Zen di Palermo, volontari della Protezione civile prima ordinati poi a caccia di autografi, e persino qualche agente con piccola reflex in tasca. Tra un gol di tacco di Balotelli e una foto ricordo con Buffon dalla rete di recinzione, c’e’ stato spazio per cori per l’assente Cassano o per il calabrese Gattuso, campione azzurro per ora a riposo e oggi arbitro del minitorneo tra azzurri. Si e’ cominciato con il messaggio di Don Ciotti (‘la mafia si combatte nel Parlamento a Roma), poi lo scambio di doni tra le autorita’ – Regione, Provincia, Questura, Diocesi – tutte schierate a centrocampo come una squadra anti-mafie. E infine il torneo di calcetto, con Balotelli, Osvaldo, Pirlo a divertirsi e divertire, giochicchiando e dandosi anche qualche strattonata.

Fino alla rovesciata finale di Marchisio, buona per assegnare alla sua squadra la vittoria finale. Il trofeo della giornata, fuor di qualsiasi metafora, e’ un altro. Tutto attorno, l’eccezionale apparato di sicurezza contava su cani antibomba, un elicottero in volo sulla zona, forze dell’ordine in gran numero. ‘E’ uno schiaffo per ‘loro’, sono certo che risponderanno’, ha urlato Don Ciotti, invitando tutti a fare attenzione perche’ la terza inaugurazione di un campo ancora senza nome (‘faremo un sondaggio tra le scuole di Gioia Tauro’) non cada nel vuoto, come dopo gli attentati delle precedenti due. ‘Ha ragione Don Ciotti – la risposta di Prandelli – C’e’ un domani, per questa gente e questo posto.Vogliamo dare continuita’ a questo giorno’. L’ha chiesta il prete coraggio di Libera. ‘La nazionale si federi con la nostra rete contro le mafie’, ha proposto, per poi chiarire che era una provocazione. ‘Di iniziative con Don Ciotti ne abbiamo fatte, e ne continueremo a fare: sul piano dei valori, siamo gia’ federati’, la risposta di Abete. Intanto il presidente dell’Us Acli, Marco Galdiolo, annunciava che al ritorno a Roma riunira’ Uisp e Csi per un piano organico di coinvolgimento dello sport, da portare a Figc e Coni: ‘Non finisce qui’.

E gli azzurri, per una volta, si sono sentiti appena appena all’altezza, mentre monsignor Bux, vescovo di Palmi, chiedeva di pregare per la conversione dei mafiosi. ‘Io mi sono sentito piccolo piccolo’, l’ammissione di Marchisio in un coro di disarmati auspici azzurri, perche’ la domenica speciale serva davvero. ‘Ero inebetito quando ha parlato Don Ciotti, ricordando che la mafia non e’ solo Calabria o Sicilia ma anche Nord’, ha aggiunto il centrocampista. ‘Don Ciotti e’ stato magnifico – ha raccontato Buffon – Non la solita litania o un po’ di retorica, ma parole vere. Che ci hanno commosso’. Come quando ha raccontato di essere andato a posare un fiore sulla tomba di Francesco Inzitani, 18/enne giovane di un imprenditore del posto condannato per appoggio esterno e poi pentitosi. O quando ad abbracciare gli azzurri in campo sono stati papa’ e mamma Gabriele, il cui Dodo’ fu ucciso su un campo di calcio a 11 anni. E’ stato silenzio assoluto. Dentro, e forse anche fuori dal campo di Rizziconi.
 

ANSA – dell’inviato Francesco Grant