Al fianco di Nino Di Matteo

 

Le minacce: "Amici romani di Matteo (Messina Denaro, ndr) hanno deciso di eliminare il pm Nino Di Matteo in questo momento di confusione istituzionale, per fermare questa deriva di ingovernabilità."

Stesso destino si configura per un collega di Caltanissetta che "ha l’abitudine di tornare a Palermo", e per Massimo Ciancimino, figlio del boss mafioso, il cui contributo è stato decisivo nella conduzione delle indagini che riguardano gli anni tra i più bui della nostra storia, quelli delle stragi del ’92-’93.

Il silenzio: Nonostante la gravità di tale avvenimento sono veramente pochi, tra tg e giornali, gli organi d’informazione che hanno dedicato spazio a questa vicenda.

L’attacco istituzionale: Al silenzio giornalistico si aggiunge, poi, quello istituzionale. Ancora una volta la reazione degli esponenti delle nostre istituzioni, ad eccezione di rarissimi casi, è del tutto assente.

Infine, risale a circa due settimane fa il procedimento disciplinare promosso dal CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) nei confronti del pm Di Matteo, reo di aver “implicitamente” confermato l’esistenza delle telefonate fra l’attuale Capo dello Stato e l’ex ministro dell’interno, Nicola Mancino in un’intervista a Repubblica.
Dell’esistenza delle corrispondenti intercettazioni, però, aveva già dato notizia, giorni prima, il settimanale Panorama.

 

Tocca a noi! Ecco allora che risulta decisivo il nostro appoggio, quello della società civile, a sostegno dei magistrati coinvolti in delicati e pericolosi processi come quello sulla trattativa stato-mafia, di cui Di Matteo è titolare. Appare decisivo il nostro sostegno nei confronti del pm palermitano, in un momento tanto instabile, e in una situazione così complessa per dimostrargli solidarietà e vicinanza. Per fargli sentire che NON è SOLO!

 


“Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”.

(Paolo Borsellino)

 

‘Si muore quando si è soli…,’ diceva Giovanni Falcone. Uno dopo l’altro sono stati lasciati soli Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e uno dopo l’altro li hanno massacrati, (…) massacrati e poi pianti con ipocrite lacrime e onorati soltanto perchè erano morti, non costituivano più un pericolo per chi, lasciandoli soli, ne aveva decretato la morte. (…) La mafia, non avverte, la mafia uccide. Ma c’è chi indica chi deve essere ucciso, chi può essere ucciso, si tratti di un magistrato che ha osato portare davanti alla sbarra degli imputati pezzi deviati dello Stato, delle istituzioni, si tratti del figlio di un mafioso che ha osato infrangere una scellerata congiura del silenzio pronunciando un nome "trattativa" fino ad allora impronunciabile, si tratti di un altro magistrato che squarcia il velo di un "depistaggio di stato" messo in atto per coprire i veri autori e i veri mandanti di una "strage di Stato".
"Mi trovo a vivere oggi esattamente quello che ho vissuto vent’anni fa quando sapevamo tutti che Paolo Borsellino, dopo Giovanni Falcone, sarebbe stato ucciso e lo abbiamo fatto uccidere. Non gli siamo stati abbastanza vicini. Hanno cominciato a piangerlo quando non dava piu’ fastidio. Non vogliamo che questa storia vergognosa si ripeta”

(Salvatore Borsellino)

 

C’e’ un altro ringraziamento che elaboro piu’ con il cervello e con l’esperienza maturata in tanti anni di indagini: e’ il grazie di chi sa che l’attenzione dell’opinione pubblica costituisce per noi tutti da una parte uno scudo vero e reale e dall’altra parte un ulteriore sostegno per andare avanti nel nostro lavoro. Semplicemente noi dobbiamo fare il nostro lavoro. […] Non importa se siete tanti o pochi, comunque ci siete. E’ un segnale importante di cui vi ringrazio ”.

(Nino Di Matteo, al sit-in organizzato da Salvatore Borsellino a Palermo, lunedì 8 aprile 2013)