L’incontro sul tema Economia Sociale e Civile di Mercato, la strada dello sviluppo umano integrale tra economia, qualità della vita e bene comune alla luce dell’enciclica Caritas in Veritate, si è svolto a Cagliari il 20 gennaio presso la Facoltà di Economia.

I lavori si sono incentrati sulle relazioni del Prof. Vittorio Pelligra, Ricercatore di Economia Politica Università degli Studi di Cagliari e Docente incaricato Istituto Universitario Sophia di Firenze, e del Prof. Stefano Zamagni, Ordinario di Economia Politica Università degli Studi di Bologna.

SINTESI DELLE RELAZIONI

Prof. Vittorio Pelligra

Il Prof. Pelligra ha iniziato la sua relazione Una nuova idea di mercato: quale idea per la Sardegna con una citazione della Caritas in Veritate “la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica” (n. 75) e ha presentato gli sviluppi attuali dell’economia globalizzata su cui gli economisti stanno seriamente riflettendo.

Gli indicatori di benessere della società, che prima coincidevano col PIL, ora riscoprono un valore antico e nuovo: la relazione fra le persone. Il mercato, prima animato da logiche di assoluto profitto in cui “dell’altro non mi interessa”, ora deve lasciare spazio a valori fondamentali quali libertà, uguaglianza e fraternità. Con l’aiuto di dati statistici recenti, in cui il livello di fiducia dei sardi nel volontariato e terzo settore è del 69% a fronte del 20,1% dei banchieri, il Prof. Pelligra dimostra che se si vuol far ripartire il mercato non bisogna puntare solo sull’aumento dei consumi ma incrementare politiche di sviluppo orientate a far crescere la credibilità delle istituzioni, l’investimento nell’istruzione, la cura delle reti interpersonali, la politica di equità tra le generazioni, la promozione della società civile e del terzo settore, e “debellare l’invidia come abbiamo debellato la malaria”.

Prof. Stefano Zamagni
Brillante e comunicativo, il Professore ha preferito più volte l’esprimere in modo chiaro alla platea il proprio pensiero “correndo il rischio di essere meno preciso”, secondo le sue parole, essendo invece molto preciso nell’individuare la causa delle diseguaglianze e, quindi, della crisi del mercato nella separazione dell’economico dal sociale.

L’economico ha aumentato la produzione e la ricchezza, sulla base dell’efficienza e della competitività, mentre il sociale ha dovuto accogliere gli espulsi da quel sistema, perché meno efficienti, sulla base del principio di solidarietà che ha come regola la distribuzione. Il risultato: la ricchezza di pochi è aumentata, la distribuzione per molti è ulteriormente diminuita. In un’epoca di paradossi, come l’ha definita il Professore, quotidianamente si scopre che: 1) ricchezza e reddito aumentano, e più che in proporzione aumentano le diseguaglianze; 2) lo sviluppo tecnologico non ha portato lavoro (ISTAT, 21% dei giovani non studiano non lavorano non cercano lavoro); 3) l’aumento di reddito non ha portato la felicità. “Occorre cambiare gli occhiali con cui guardiamo la realtà”, cioè far sì che il mercato sia democratico, pluralista.

Non può esistere ed operare solo il tipo di impresa for profit ma anche quella no profit. Non vanno aumentati i consumi ma il tasso di imprenditorialità. Per aumentare il reddito pro capite non bisogna aumentare il lavoro ma dedicare tempo ai beni relazionali, quelli che derivano dalle relazioni interpersonali, che hanno bisogno di tempo ma danno felicità. E conclude col proporre la fraternità come “principio di organizzazione sociale che consente agli eguali di essere diversi; che mette in pratica il dare senza perdere e il prendere senza togliere”.